Attualità e Cronaca Rosa

Tibet – Monaco si è dà fuoco per protesta contro la Cina

19-08-2011

Tibet – Monaco si è dà fuoco per protesta contro la Cina

Un monaco Tibetano è morto dandosi fuoco per protesta contro le autorità cinesi.

 

MONACO TIBETANO. Tsewang Norbu un monaco di 29 anni del Monastero di Nytso regione del Tibet, è morto il 15 agosto scorso. Il giovane si è dato fuoco per protestare contro il governo cinese. Verso mezzogiorno Tsewang dal ponte della cittadina di Tawu, ha cominciato a gridare slogan inneggianti alla libertà del Tibet – che fino al 1951 era uno stato autonomo ed indipendente – e per il ritorno del Dalai Lama.

In seguito il giovane ha ingerito petrolio e se n’è cosparso, dandosi fuoco e trasformandosi subito in una torcia umana. Il monaco è morto subito dopo. 

L’agenzia ufficiale del governo cinese, Xinhua, ha riportato la notizia che un monaco si è dato fuoco ma limitandosi ad aggiungere “non è chiaro perché si sia bruciato”. Stephanie Brigden, direttore dell’organizzazione Free Tibet di Londra, ha dichiarato: “Siamo molto preoccupati per quello che potrebbe succedere a Tawu. Nelle ultime ore le linee telefoniche sono state tagliate, gli Internet caffè sono stati chiusi […] e l’esercito ha circondato il monastero”. La poetessa e blogger buddhista, Tsering Woeser, di padre cinese e madre tibetana che vive a Pechino è considerata una preziosa fonte di informazione indipendente per poter avere notizie altrimenti non divulgate dal governo cinese. La donna su Twitter ha scritto: “Tsewang ha lanciato dei volantini e gridato slogan, chiedendo libertà per il Tibet e il ritorno di Sua Santità il Dalai Lama. Dopo dieci minuti si è immolato sulla strada principale per Beijing ed è morto sul posto”. La Woeser ha anche aggiunto che i monaci di Nyitso hanno portato via il corpo per celebrare i riti funerari ma i soldati cinesi hanno cercato di impedirlo.

 

NUOVE RESTRIZIONI. Il gesto estremo del monaco sembra sia dovuto alle ennesime nuove restrizioni politiche e religiose imposte dal governo Cinese al Tibet in particolare alla contea di Tawu. Giusto 5 mesi fa un altro monaco di 20 anni del monastero di Kirti si era dato fuoco a Phuntsog, per commemorare i monaci e laici uccisi durante la repressione del 2009. Tra quelle vittime c’era anche una donna incinta, una studentessa di 16 anni ed un bambino di 5. Dopo quegli eventi la rappresaglia cinese si è manifestata con una nuova ondata di arresti, controlli e sessioni di “rieducazione” forzata.

 

COMPLEANNO DEL DALAI LAMA. Nel giorno del 76esimo compleanno del Dalai Lama, il 6 luglio scorso, oltre 10.000 persone fra laici e monaci si sono riunite. Subito la repressione delle autorità cinesi si è fatta sentire non permettendo di completare i rituali previsti e punendo il monastero di Nyitso privandolo dell’acqua corrente ed elettricità per ben una settimana. Altro grave episodio è avvenuto il 10 agosto. Thinlay un prigioniero politico tibetano è morto a causa delle torture subite durante i sette mesi di reclusione. La sua colpa: aver distribuito volantini inneggianti alla libertà del Tibet. Picchiato duramente anche alla testa sembra avesse riportato danni che a loro volta gli avevano causato gravi disturbi psicologici dei quali ha continuato a soffrire fino alla morte .

Soprattutto dopo la protesta di Lhasa del 2008 i monasteri buddhisti femminili e maschili della Regione Autonoma del Tibet hanno subito restrizioni delle libertà civili sempre maggiori da parte del governo cinese.

 

“PARADISO SOCIALISTA”. Il neo primo ministro del governo del Tibet in esilio Lobsang Sangay ha dichiarato sul The New York Times, in un editoriale dal signficativo titolo “Il mito del paradiso socialista”, che la morte di Tsewang Norbu, definita “la seconda auto immolazione di quest’anno”, è “una testimonianza sulla continua repressione della Cina e sulla continua resistenza dei tibetani.” Il primo ministro non ha incoraggiato le proteste ma ha affermato che è suo “sacro dovere sostenere i coraggiosi compatrioti senza voce”.

 

ATTIRARE L’ATTENZIONE SUL TIBET. In Asia bruciarsi vivo è una pratica storicamente attestata ed è considerato un modo per attirare l’attenzione su un problema e punire moralmente chi ha indotto il suicida a compiere il gesto estremo. Senza dubbio il monaco Tsewang è riuscito ad attirare nuovamente l’attenzione sulla situazione dei tibetani in Cina. Anche se il rapporto 2011 di Amnesty International rende noto che in Cina anche altre etnie oltre i tibetani subiscono la violazione sistematica dei diritti umani e civili e si tratta dei mongoli gli uiguri ed altre minoranze del paese. 

Paola Totaro

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