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Libri:”I mondiali della vergogna”. Argentina ’78 e la dittatura – Pablo Llonto.

30-06-2011

Libri:”I mondiali della vergogna”. Argentina ’78 e la dittatura – Pablo Llonto.

Il libro che presentiamo oggi è un piccolo gioiello della letteratura. Pablo LLONTO, I mondiali della vergogna. I campionati di Argentina ’78 e la dittatura, Alegre edizioni, Roma 2010

 

Nell’antica Grecia si credeva esistesse una divinità minore, Ate, che induceva gli umani alla cecità. Una cecità non fisica ma ancora peggiore. Spinti dall’orgoglio, gli uomini divenivano ciechi e preparavano la loro rovina inevitabile. Ate, forse, non esiste, ma l’accecamento sì. Lo mostra con grande chiarezza il libro di Llonto, avvocato e scrittore argentino, che narra un episodio lontano e, purtroppo, poco ricordato: la tragedia del Mondiale di calcio 1978, inserito nell’ancor più grande tragedia della paranoica dittatura militare che afflisse l’Argentina dal 1976 al 1982.

 

Il libro di oggi, che ricorda un avvenimento accaduto esattamente 33 anni fa, ha alcuni difetti innegabili, legati alla “povertà” della casa editrice che lo pubblica. A quanto pare, infatti, quel che accadde in Sudamerica negli anni ’70, quando le peggiori dittature fasciste del dopoguerra infestarono tutti i Paesi di quella parte di mondo, non interessano ai grandi, che lasciano che siano i piccoli a pubblicare questi libri preziosi. Questo libro viene “azzoppato” da una serie notevole di clamorosi errori di stampa, dovuto evidentemente alla mancanza di una vera correzione di bozze, e soprattutto da una traduttrice che certo sarà di buona volontà ma che mostra non solo una totale sordità nei confronti del linguaggio del calcio (il che per un libro che tratta comunque di calcio è grave), ma soprattutto una incapacità di rendere in italiano termini che in spagnolo hanno un senso diverso dal nostro, pure esistendo anche da noi. Ma detto di questi difetti, i pregi del libro sono molto maggiori.

 

Con prosa scarna, senza inutile retorica, Llonto narra un pezzo di storia dell’Argentina. Si parte dal marzo 1976 quando i militari completano il quadro delle dittature presenti in Sudamerica rovesciando il Governo, ben poco democratico ma non paragonabile certo a quelli successivi, di Isabelita Peron, seconda moglie ed erede del Generale Peron, dominatore, sia in patria sia in esilio, del Paese dal secondo dopoguerra. Afflitto dalla crisi economica, alle prese con un’inflazione galoppante e con una guerriglia peronista di sinistra (le due cose in Argentina non si escludono!), il Governo di Isabelita non è in grado di reggere l’urto dei militari, guidati dalla figura torva del Generale Jorge Videla, primo Presidente della nuova Argentina, e primo torturatore del suo Paese. Immediatamente dopo il colpo di Stato, infatti, i militari argentini scatenano la più infernale caccia all’uomo che il Paese ricordi. L’Argentina ha avuto tante dittature, ma una così criminale e paranoica mai. Videla e soci in poco tempo ottengono il triste primato di superare in violenza il loro amico e vicino Agusto Pinochet, quello che nel 1973 ha rovesciato il democratico governo cileno di Allende bombardando il palazzo presidenziale e riempiendo lo stadio di 40.000 prigionieri, torturati ed uccisi lì dentro. Videla e soci hanno anche loro a disposizioni gli stadi, ma li usano per propaganda e per nascondere le uccisioni, le torture, gli stupri, i rapimenti di bambini, il terrore quotidiano. Infatti, il regime ha ereditato il Mondiale di calcio, voluto dai Governi precedenti. E deve decidere che fare.

 

Si tratta di un evento costoso, ma che viene presto visto pure da chi di calcio non capisce nulla come una grande occasione per mostrare un volto diverso dell’Argentina e, soprattutto, del regime. E qui ecco che l’accecamento ci viene mostrato in tutta la sua forza. Non solo, infatti, restano ciechi i grandi della terra, che ritengono normale che un evento sportivo si svolga in un Paese violato dalla tirannia, e non si scandalizzano di certo nello stringere mani insanguinate; non solo restano passivi gli sportivi – con qualche eccezione – che ignorano le Madri e le Nonne di Plaza de Mayo, le uniche persone coraggiose che chiedono pubblicamente giustizia per figli e nipoti scomparsi, inghiottiti nei carceri clandestini di Videla e soci; non solo, infatti, resta muta (non tanto per paura quanto per convenienza) la stampa argentina e, peggio ancora, quella estera.

 

Ma soprattutto sono gli stessi argentini, che pure vivono ogni giorno la tragedia, che per un mese chiudono occhi ed orecchie e vivono in trance, dominati dalla passione per la Selecion, la nazionale argentina che deve vincere. E che, infatti, con le buone o con le cattive, vincerà il suo Mondiale, gettando nello sconforto i pochissimi che mantegnono la lucidità e che comprendono che questo successo prolungherà la vita alla tirannia. Cosa che, infatti, accade. Nel 1978 una gioia pazzesca, un accecamento totale, si scatena sul Paese, e, diciamocelo, anche sul mondo che nulla vuole sapere, nulla chiede e nulla vede. Llonto stessa testimonia come questa cecità abbia coinvolto tanti, anche onesti, anche vittime, addirirttura gli stessi guerriglieli montoneros. Il libro è doppiamente doloroso per chi ama il calcio e l’Argentina, una nazione che pare un’Italia che parla spagnolo!

 

Doloroso perché mostra come un evento sportivo possa essere usato per rendere stolti e ciechi anche coloro che dovrebbero restare lucidi. E anche perché quando, dopo la caduta della dittatura, l’Argentina si sveglia non può che rimuovere l’evento. Il Mondiale 1978 è dimenticato, cancellato, gli stessi “eroi” scompaiono, come desaparecidos della memoria, come se mai si fosse giocato un Mondiale. L’Argentina ha vinto due Titoli, ma ne ricorda solo uno, quello del 1986. Ed anche il mondo sembra aver rimosso quello che era accaduto. Llonte ha il merito di ricordarlo con forza, di evocare la memoria della cecità, del dolore, dei tanti morti seppelliti sotto la Coppa del Mondo consegnata dal tiranno Videla al capitano della nazionale argentina in quella fredda notte d’inverno del 25 giugno 1978.

Federico Smidile

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