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Distrofia muscolare – Nuova terapia genica in fase di sperimentazione.

20-08-2011

Distrofia muscolare – Nuova terapia genica in fase di sperimentazione.

Progressi nella ricerca sulla distrofia muscolare. Dall’Ospedale San Raffaele e dall’Università di Milano arriva una nuova terapia genica che potrebbe curare la malattia.

 

Una equipe di scienziati, guidata dai professori Giulio Cossu e Francesco Saverio Tedesco, ha pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine un lavoro che dona speranza ai malati di distrofia muscolare. La nuova terapia messa a punto promette, infatti, di curare la malattia a partire dal gene  mutato.

 

 

LA MALATTIA. La distrofia muscolare è una malattia degenerativa dei muscoli che colpisce i bambini, in media uno ogni 3.500 neonati, manifestandosi in genere tra i 2 e i 5 anni di vita. La degenerazione dei muscoli è dovuta alla carenza di una proteina  contenuta nella membrana della fibra muscolare, la distrofina, la cui produzione dipende da un gene localizzato nel cromosoma X, che nei soggetti malati è alterato. Si tratta dunque di una malattia a trasmissione recessiva legata al cromosoma X e, quindi, colpisce quasi esclusivamente i maschi. La degenerazione dei tessuti muscolari comporta un loro progressivo indebolimento che conduce  alla  paralisi totale del bambino entro i 10 anni di età e, nella maggior parte dei casi, alla sua morte prima del raggiungimento dell’età adulta.  Sono due le forme più comuni di distrofinopatia: la distrofia muscolare di Duchenne e quella di Becker, più benigna. Mentre nella seconda forma la distrofina è solo ridotta od alterata, nel caso della distrofia di Duchenne la proteina è completamente assente o presente in quantità molto esigua.

 

 

 

La distrofia muscolare è causata dalla degenerazione del cromosoma adetto alla produzione di distrofina.

  

LA TERAPIA. La terapia genica messa a punto da Cossu e Tedesco mira a fornire ai muscoli dei pazienti il gene sano della distrofina. L’operazione non è semplice: infatti il gene della distrofina ha dimensioni tali che non può essere trasportato da un semplice vettore virale, come in altri casi. L’equipe milanese ha però trovato il modo di aggirare l’ostacolo, facendo pervenire una copia sana del gene della distrofina direttamente ai tessuti muscolari, senza ricorrere alla mediazione di un vettore virale. La soluzione consiste nella combinazione di cellule staminali e un cromosoma umano artificiale: È da parecchio che ci concentriamo su queste ricerche. – ha confidato il professor Cossu – Circa dieci anni fa abbiamo identificato un tipo particolare di cellule staminali normalmente associate ai vasi sanguigni, i mesoangioblasti, che in studi condotti su due modelli di distrofia, nel topo e nel cane, hanno mostrato di riuscire a fondersi con le fibre muscolari esistenti, producendo distrofina sana e rigenerando il tessuto muscolare. Finora però eravamo riusciti a utilizzare solo cellule sane provenienti da un donatore, il che comporta la necessità di immunosoppressione per evitare il rigetto delle cellule trapiantate”.

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CELLULE STAMINALI E CROMOSOMI ARTIFICIALI. I mesoangioblasti hanno la capacità di superare le barriere dei vasi sanguigni e possono differenziarsi in fibre muscolari, perciò il professor Cossu e la sua equipe hanno pensato di sfruttare questa loro proprietà per traghettare il gene sostitutivo della distrofina ai muscoli dei soggetti malati. Grazie alla collaborazione dei colleghi giapponesi, gli scienziati del San Raffaele e dell’Università di Milano hanno compiuto un passo ulteriore, creando un vettore cromosomico ad hoc per trasportare il gene sano che è stato poi trasferito ai mesoangioblasti, iniettati nei muscoli dei soggetti distrofici.

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SPERANZE. La sperimentazione, condotta fino ad ora su topi affetti da distrofia muscolare, ha sortito risultati confortanti, che fanno pensare di poter presto sconfiggere la malattia anche nell’uomo: “I sintomi della malattia nel topo si sono attenuati – ha spiegato il professor Cossu – e sono state prodotte fibre muscolari funzionali, con un miglioramento della patologia. Ora il passo successivo sarà farlo nell’uomo, anche se rimangono da risolvere diversi problemi pratici per i quali ci vorrà ancora del tempo”.

Valentina Severin

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