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Vincent Cassel – “Il sesso è importante, un dovere sociale” – Nuovo film in uscita

30-09-2011

Vincent Cassel – “Il sesso è importante, un dovere sociale” – Nuovo film in uscita

Nel suo film in uscita “A dangerous Method” Vincent Cassel (45 anni) impersona un pazzo meraviglioso.  Il personaggio, Otto Gross è infatti un medico tossicomane e ossessionato dal sesso, un uomo acuto e anticonformista fino al masochismo, inviato da Freud a Jung perché lo prenda in cura. Finirà che sarà lui a curare il suo terapeuta, a liberarlo dalla ritrosia e repressione e per spingerlo tra le braccia di Sabine Spielrein. Viggo Mortensen impersona Sigmund Freud, Michael Fassbender è Carl Jung per la regia di  David Cronenberg. Un’ottima interpretazione quella di Cassel.

Di seguito proponiamo un’intervista a Vincent Cassel pubblicata da IO DONNA.

Scopriamo un uomo molto attaccato alle sue 3 donne (moglie e figlie) e legatissimo al padre purtroppo morto 3 anni fa. Una persona positiva, con le idee chiare e che sa cos’è importante nella vita.

In merito il lavorare con la moglie dice:  “Non capisco chi sostiene che lavorare con chi ami non sia opportuno. Ho fatto con Monica cose che non avrei potuto fare con nessun altro. Da sempre mi attirano le grandi storie d’amore al cinema, Federico Fellini e Giulietta Masina...” proseguendo “Martin Scorsese e Robert De Niro, Stanlio e Ollio…”.

Vincent Cassel è sposato con Monica Bellucci dal 1999. Si sono conosciuti sul set del film L’appartamento. Con l’attrice ha avuto due figlie: Deva nata il 12 settembre 2004 e Léonie, nata il 20 maggio 2010.

Un fiero oppositore della monogamia, il suo personaggio. Per usare un eufemismo.
Il sesso è importante e non solo perché ci dà piacere, ma anche per la riproduzione, per le responsabilità che abbiamo nei confronti delle generazioni che seguiranno. Secondo me il sesso è un dovere sociale. Perché più che nei confronti della politica o della società, il nostro primo dovere è verso i nostri figli.

Da quando è nata Léonie l’anno scorso lei vive con tre donne…
È magnifico.

Una vita da pascià?
Qualche volta. Per lo più una vita da schiavo. Che adoro. Gli uomini hanno tutto l’interesse a riconoscere la propria femminilità ed essere circondato da donne, anche se una è piccolissima – ha solo 15 mesi – mi fa progredire come essere umano.

Nel film di Cronenberg si parla molto di padri e di figli, biologici e spirituali. Suo padre Jean-Pierre Cassel, uno dei più grandi attori di Francia, è mancato tre anni fa. Che rapporto aveva con lui?
È l’uomo che ha fatto di me quello che sono oggi. Ha saputo darmi fiducia, una cosa rara, che non succede in tutte le famiglie. Mi ha permesso di ucciderlo, in senso psicoanalitico, un bel regalo, perché di fronte ai propri figli bisogna sparire. È stato sempre presente nella mia vita, ma senza cercare di plasmarmi. Il segno più evidente di maturità per un genitore, secondo me, è proprio quello di capire di non poter fare della vita dei figli una replica della propria.

Non ha cercato di influenzarla nemmeno quando l’ha messa in collegio?
Mio padre mi ha sfinito quando ero giovane perché voleva che terminassi gli studi, poi ha capito che avevo bisogno di esprimermi in altro modo e mi ha lasciato tranquillo. Sono entrato in una scuola di circo e ho preso il destino nelle mie mani.

Perché il circo e non l’accademia?
Perché volevo andare proprio nella direzione opposta a quella che aveva seguito lui ( Jean-Pierre Cassel era noto come “il Fred Astaire di Francia” per il suo charme e l’abilità di ballerino, ndr). E poi era un modo per seguire le orme di mio padre senza passare subito per il palcoscenico o il set di un film.

Lei ha trascorso l’infanzia nel cinema-teatro dei suoi nonni ad Arcachon. In casa sua giravano Maria Callas, Catherine Deneuve e Brigitte Bardot. Non è un caso che lei, suo fratello e sua sorella siate oggi tutti nel mondo dello spettacolo.
Mio fratello in realtà da quel mondo vuole restare fuori il più possibile. È il fondatore della band Assassin, fanno musica molto politica, forte, non del genere sinistradestra, roba più rivoluzionaria.

Come Democratie fasciste, in cui canta: «Il mondo è fottuto e tu credi che staremo zitti?».
Mio fratello è stato spesso bandito da internet, ma nelle sue performance non c’è niente di osceno o violento. Credo che faccia paura il fatto che la sua idea di ribellione non si riferisca a nessuna chiesa, a nessun partito ufficiale.

Anche lei è engagé politicamente?
Quando sono stato nelle banlieue parigine per girare L’Odio (era il 1995, ndr), mi sono detto: «Qui un giorno scoppierà la rivoluzione ». Ma i problemi non possono restare sempre confinati alla periferia, per non contaminare il centro pulito di Parigi.

Il presidente Sarkozy dice che lì c’è la racaille, la marmaglia.
La racaille c’è, ma il problema è capire chi ne ha favorito la nascita e la crescita. Un bambino che viene su in banlieue diventa così perché lì non si parla che quella lingua, perché lì devi lottare per tutto, per garantirti i diritti essenziali.

Le sue figlie sono per metà italiane. Geograficanente dove immagina sarà il loro futuro?
In Francia, in Italia, in Messico, dove vorranno loro. Ho una considerazione altissima della creatività italiana. Il problema è che da voi la volgarità dei media trascina tutto – società, cultura – verso il basso.

Nell’ultimo film interpretato da sua moglie, Un été brulant, diretto da un francese, Philippe Garrel, ma ambientato quasi interamente in Italia, un personaggio dice che «gli italiani è dal Rinascimento che si riposano».
Non è vero. In Italia ci sono qualità straordinarie, ma forse a causa della politica, non so, trovo che il Paese sia divorato dal cinismo. A me sembra che gli italiani oggi non credano più a niente. Pensano che si debba sempre essere ruffiani per ottenere le cose. Mi fa male, mi fa arrabbiare.

Parla della volgarità dei nostri media. In Francia non è così?
Guardi, potrei parlarle male della Francia per ore, ma devo ammettere che da noi il sistema non è ancora completamente degradato. La tivù da voi è spaventosa, in Francia abbiamo ancora un canale come Arte, anche se è mezzo tedesco.

Non salva proprio nessuno?
Ilaria D’Amico, che è una nostra amica e che trovo faccia un lavoro ottimo. È una donna con una forza, una perspicacia che non so proprio come riesca a mantenere in mezzo a quel bordello. Per fortuna c’è internet.

Non è pieno di volgarità anche lì?
C’è di tutto. I pettegolezzi, le riflessioni serie, le cose pratiche. Come facevamo a vivere senza?

Sono passati solo dieci anni.
No, io ho internet dal ’94. C’era un solo provider a Parigi e per la posta una sola applicazione, ci volevano dieci minuti per mandare una mail.

Un precursore. Si “googola” spesso?
Certo. Guardo tutto su internet, anche me stesso.

Per una coppia iconica come quella rappresentata da lei e Monica Bellucci, si rischiano brutte sorprese.
Ah no, quelle cose proprio non le guardo. E non ho mai postato niente di mio, le foto delle vacanze, un pensiero intimo, niente.

Niente blog per comunicare a tutti la sua visione del mondo?
No, prima di tutto perché non ho niente da dire. E poi concedo già molti miei pensieri intimi nelle interviste. E quando li rileggo, non è che li trovi poi così fondamentali.

Sente di aver bisogno di proteggere le sue figlie dalla curiosità del mondo?
In Francia siamo tutelati, i bambini non possono essere sbattuti sui giornali e, in caso succeda, si possono portare i responsabili in tribunale.

Lei lo fa?
Regolarmente.

P.T.

 

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