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Cambia la regolamentazione di stage e tirocini attraverso l’art.11 del decreto legge 138/2011.
COSA CAMBIA – Le nuove disposizioni in materia di stage erano passate quasi in sordina fra il marasma provocato dalla nuova manovra finanziaria varata dal governo. Io ne sono venuta a conoscenza una settimana fa, quando per caso l’ho sentito dire da una ragazza. “No, non è possibile”, ho pensato. Se fosse davvero così siamo alla frutta. E così ho fatto un po’ di ricerche su internet ed è venuto fuori che era tutto vero. L’art.11 del d.l. 138/2011 prevede che lo stage possa essere fatto da neolaureati o neodiplomati entro un anno dalla laurea o dal diploma, e che non può durare più di sei mesi. Inizialmente ho pensato al mio piccolo mondo composto da me e la persona di fronte allo specchio. “Sono fritta. A dicembre sarà un anno che mi sono laureata e non potrò più fare stage in vita mia”. Dopo essermi ripresa da questo colpo brutale, ho cominciato a pensare alle conseguenze di portata più ampia.
LE CONSEGUENZE – Il tirocinio formativo, introdotto con la legge 196/1997 (art.18), consiste in un periodo di formazione guidato all’interno di una realtà lavorativa finalizzato all’orientamento alle scelte professionali (neodiplomati, neolaureati) e di sostegno all’inserimento lavorativo (disoccupati). Si presuppone dunque, che dopo lo svolgimento di uno stage, ci sia l’assunzione dello stagista nell’azienda. Ma anche se lo stagista non viene integrato nell’azienda, lo stage serve come si suol dire a “far curriculum”, ad ottenere cioè esperienza e professionalità che riescano a garantire un’assunzione da parte di un’altra azienda. Nella realtà dei fatti tutta italiana l’assunzione, quando e se arriva, è per i ragazzi una meta che viene raggiunta dopo essere stati stagisti mesi e mesi, a volte anni. Quindi se si toglie ai ragazzi la possibilità di essere inseriti nelle aziende seppur come stagisti, come si pretende che facciano esperienza e che vengano poi assimilati nel mondo del lavoro? Inoltre, che fine faranno tutte le scuole di specializzazione post-laurea che a causa di questa legge vedranno ridurre le iscrizioni dei neolaureati, il loro bacino di utenza fondamentale? E come mai lo Stato si è espresso su una materia di pertinenza delle Regioni?
RIPARTIRE DA ZERO – L’intento del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi sarà stato sicuramente nobile e cioè quello di voler responsabilizzare le aziende per quanto riguarda le assunzioni e frenare lo sfruttamento sfrenato di stagisti (o stragisti? Prima o poi accadrà anche quello). In realtà, se prima erano i laureati ad essere sfruttati adesso lo saranno i laureandi e neolaureati. Non basta una legge che modifica qualche cavillo per avere assunzioni di massa tra i giovani. L’intera normativa che regolamenta stage, lavoro ed assunzioni deve essere ripensata ex novo, presupponendo innanzitutto un obbligo da parte delle aziende di retribuzione per gli stagisti. Non è restringendo il tempo utile che fare gli stage che si risolvono i problemi. È giusto poi sottolineare che i cambiamenti non riguardano alcune categorie, come i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali. La palla comunque deve passare alle Regioni. In attesa che intervengano, le norme a cui fare riferimento sono l’art. 18 della legge Treu (legge 196/1997) e il decreto ministeriale di attuazione 142/98. Delle due disposizioni vive ciò che non è incompatibile con i limiti imposti dall’ultima manovra.
Elisa Renna
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