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Barbie tatuata – Un cattivo esempio? “No, al passo con i tempi”
24-10-2011
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L’ultima versione di Barbie fa discutere, come molte altre in precedenza.
SUCCESSO DA 50 ANNI. Un grande successo da subito la Barbie, nome abbreviato di Barbara Millicent Roberts, esattamente dal 1959 quando venne messa in vendita versione pin-up con indosso solo un costume da bagno zebrato.
È nata anticonvenzionale e così è rimasta, spesso attirando forti polemiche come l’eccessiva magrezza istigante l’anoressia oppure l’essere considerata lo stereotipo della donna bella ma stupida.
BARBIE TATUATA. Negli anni non ha perso però smalto ed ormai diverse generazioni di bambine sono cresciute con lei. La novità è Barbie tatuata. Idea di Tokidoki al secolo Simone Legno, un 34enne romano. Alle critiche che gli sono state rivolte negli Stati Uniti risponde: “Barbie è un’icona pop, al passo con i tempi: per questo ha avuto un enorme successo, non solo come giocattolo ma come fenomeno di costume. Non credo che i tatuaggi siano una novità così sconvolgente: ormai, complici star come Lady Gaga, sono entrati a far parte della nostra cultura”.
Ed a dimostrazione dell’esattezza di ciò che afferma Simone c’è il riscontro delle vendite: dopo solo un mese dalla messa in commercio on line (prezzo 40 dollari) “scorte esaurite in poche. Fan e collezionisti si sono scatenati ed è partita la caccia. Non sappiamo come arginare le richieste” dicono dalla casa madre.
Paradossalmente è stata proprio la polemica a lanciare le vendite. Dice Legno: “Ne hanno parlato tutti, dalla Cnn al Los Angeles Times, per fortuna sono riuscito a metterne da parte una per mia madre“.
TOKIDOKI. La società Tokidoki produce abbigliamento, calzature, accessori e altri prodotti che utilizzano l’arte, personaggi iconici e il logo di Tokidoki disegnato da Simone Legno, tra cui borse, t-shirt, figure in vinile, gioielli e piccoli giocattoli.
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IL SUCCESSO DI SIMONE. Viene dal Web la fortuna di questo designer romano. Fin da piccolo, disegnava personaggi con gli occhi a mandorla, robot e ciotole di riso. Telefilm americani e fumetti manga, sono stati la sua scuola. Dopo il diploma allo Ied (Istituto europeo di design), la costanza e l’ottimismo – tokidoki in giapponese significa “qualche volta” insegnamento zen per intendere che qualche volta i sogni si avverano”- lo hanno ripagato. Bravissimo nello sfruttare le potenzialità della rete: “Per diffondere il mio messaggio – ricorda il creativo – scrivevo a tutti i blog di design, partecipavo a concorsi e interagivo con ogni genere di community. È stato così che ho trovato i primi lavori da freelance». Fino a quando nel 2004, entra in società con il brand di cosmetici Pooneh e per Tokidoki, è l’anticamera del successo planetario. Emigrato negli States, ai giovani però non consiglia necessariamente di lasciare l’Italia: “Tramite il Web si ha la possibilità di farsi conoscere e di creare il proprio business. Impegno e dedizione, certo, sono requisiti fondamentali». E lui lo sa bene: «Viaggio di continuo e, a volte, penso che se mi fermassi molti progetti salterebbero. Questa consapevolezza mi stimola a non adagiarmi e a rimanere sempre con i piedi per terra».
Simone piace un po’ a tutti: baby fashionisti, adolescenti precoci, «over anta» nostalgici. Per questo che Tokidoki spopola tra i divi di Hollywood come Paris Hilton e Fergie, la cantante dei Black Eyed Peas e gente comune. Collabora anche con le griffe più alla moda, dal settore delle automobili alla cosmesi. La casa madre di Los Angeles offre lavoro a una quarantina di persone, con propaggini in tutto il mondo: punti vendita nei grandi centri commerciali, partner prestigiosi e, ovviamente, l’e-commerce.
Un esempio per i tanti giovani talentuosi d’Italia.
Paola Totaro
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