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Manovra economica – Ticket di 10 euro sulle ricette ambulatoriali

16-07-2011

Manovra economica – Ticket di 10 euro sulle ricette ambulatoriali

Ieri venerdì 15 luglio il Parlamento ha approvato la Manovra economica che risulta essere molto pesante per i cittadini. Infatti è stato anche introdotto un ticket di 10 euro sulle ricette ambulatoriali.

 

PARLAMENTO VELOCISSIMO. Con una celerità che non ha precedenti in tutta la storia parlamentare italiana, il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato il decreto legge noto come “manovra economica” e valido per gli anni dal 2011 al 2014. Il decreto era stato presentato dal Ministro dell’Economia Giulio Tremonti il 5 luglio 2011, ed aveva avuto un parto difficoltoso, sia per le consuete discussioni sul come e dove impiegare i fondi raccolti, sia soprattutto per l’inopinato inserimento della norma detta “salva Mondadori”, a due giorni dalla sentenza che ha condannato Finivest, e quindi, Berlusconi, a pagare una salatissima multa a De Benedetti per il caso “Mondadori”. La reazione del Presidente della Repubblica, responsabile ultimo della promulgazione del decreto, e dello stesso Tremonti, che ha affermato di non saperne nulla al riguardo – suscitando l’ira di Berlusconi – hanno portato al ritiro della norma contestata, ed alla promulgazione del decreto, che prevedva un saldo finale di circa 47 miliardi di euro da “spalmare” sino al 2014 (e con la maggiore pressione negli anni 2013 e 2014).

 

CRISI ECONOMICA.  Mentre si discuteva su tutto e di tutto, e mentre il Ministro Tremonti finiva sotto attacco sia nel Governo che sui giornali, la situazione economica italiana si avvitava in una crisi violentissima. Già venerdì 8, dopo vari giorni di nervosismo, la borsa di Milano subiva perdite pesanti in tutti i settori; inoltre, cosa ancora più grave, si agitava il mostro dello Spread. Una brutta parola che indica in sostanza il differenziale di valore tra debiti pubblici dell’area Ue. Il debito pubblico finanzia in larga parte lo Stato. Per capirci, e scusandoci delle eventuali imprecisioni: investitori sia italiani che stranieri, privati cittadini ma soprattutto gruppi (ma anche Stati), comprano titoli di debito pubblico in uno Stato, titoli che hanno un interesse. In pratica è come se lo Stato si facesse prestare soldi. In teoria, dato che siamo tutti nell’euro, farsi prestare soldi in Italia o Germania dovrebbe essere uguale. Ma non lo è: il mercato, che non è un corpo unico ma che a volte a chi lo osserva da fuori tale sembra, non si fida, ad esempio, dell’Italia come della Germania. E quindi per investire da noi pretende un rendimento più alto rispetto a quello chiesto ai tedeschi. Perché questo rendimento deve coprire eventuali perdite e dare sicurezza. Lo spread è proprio l’indice di differenza di attendibilità. Un indice non di poco conto visto che più sale il distacco e più lo Stato spende soldi. L’indice italiano non è mai stato brillantissimo, ma certo è stato migliore di quegli Stati, come la Grecia, ma anche la Spagna ed il Portogallo, vivono momenti di grave crisi economica; Ma già venerdì questo spread si è messo a correre, arrivando a nuovi, preoccupanti record. Lunedì 11 luglio 2011 l’Italia ha vissuto una sorta di 11 settembre economico. Lo spread ha rotto gli argini e ha cominciato a disintegrare record su record, toccando rapidamente quota 300 (quano sino a venerdì si aggirava sul 200) e poi sfondando questa soglia anche psicologica. Intanto i titoli di borsa andavano a picco. In poche ore si sono persi più miliardi di euro di quanti ne doveva rimediare il decreto di Tremonti. Il panico ha colto stavolta tutta la classe politica italiana, che si è resa conto che p si dava qualche segnale forte subito o si finiva peggio della Grecia ed in tempi più rapidi. Ancora una volta è stato fondamentale il ruolo del Presidente della Repubblica, che pur non avendo poteri diretti, ha mosso tutto il suo peso morale per accelerare i tempi della manovra. La situazione critica, inoltre, ha convinto Governo ed Opposizioni a deporre le armi. Naturalmente ognuno rimaneva della sua idea sul decreto, ma le Opposizoni accettavano, per senso di responsabilità, di non ostacolare in alcun modo l’approvazione della manovra, pur votando contro; il Governo si impegnava, invece, ad accogliere alcune proposte delle Opposizioni. Quindi, a tempo di record, mentre i mercati, che erano andati ancora peggio martedì mattina per poi calmarsi, si rimettevano ad andar male, e lo spread ricominciava a impazzire, venerdì 15 luglio in serata la manovra diventava legge, nella speranza di tranquillizzare i mercati a partire da lunedì 18.

 

 

MANOVRA PESANTE. Si tratta di una manovra pesante, anche più di quella prevista in origine. Servono, sempre nello stesso periodo 2011-14 non più 47 ma quasi 90 miliardi di euro! Una cifra spaventosa, anche se diluita. In particolare sono state colpite le fasce più deboli, quelle da cui è più facile rimediare soldi subito. Il Governo ha tagliato in maniera lineare – ossia senza distinzioni di sorta – tutte le detrazioni per la famiglia. Se entro il 30 settembre 2013 il Governo (questo o un altro non conta) non riuscirà a mettere mano alla riforma dell’assistenza (pensioni) – che comunque non sarebbe indolore per le famiglie italiane che si vedrebbero certo private di prestazioni sociali ora garantite – si provvederà a rimediare soldi (32 miliardi di euro) con un taglio netto del 15% su tutte le agevolazioni fiscali per le famiglie (asili, figli a carico, pensioni, casa, ecc.) e per le stesse imprese. Si tenga conto che già dal 2010 si è provveduto ad un taglio dell’8% sulle stesse prestazioni. Inoltre, cosa che ha fatto rumore, è stato deciso di attivare il ticket di 10 euro per le ricette ambulatoriali, ed un altro di 25 per il ricorso al Pronto Soccorso per codici bianchi (quelli non gravi), già previsti dal 2007 ma mai attuati. Si tratta solo di alcuni esempi di una manovra che, già aspra, è diventata ancora più pesante per le conseguenze devastanti del lunedì nero italiano. Non possiamo che sperare che tutto ciò valga qualcosa, anche se la vita delle famiglie italiane sarà certo molto dura nei prossimi anni.

Federico Smidile

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