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Quante volte ci siamo immaginate mamma e proiettate al momento in cui stringiamo al petto il nostro bambino?
I desideri però viaggiano ad una velocità più alta di tutti gli altri fattori che influenzano questa decisione così importante, fattori che contribuiscono senza dubbio a renderlo un periodo sereno o meno.
Da recenti ricerche in merito, è emerso che tra le donne italiane è alta la voglia di maternità e la negativa congiuntura economica non condiziona questa scelta di diventare mamma.
La voglia di avere un figlio pare infatti sia presente nella maggior parte delle donne in età fertile, con un andamento che chiaramente va ad aumentare, partendo ridotto dalle più giovani fino ad arrivare elevato tra le donne con un’età compresa nella decade 30-40 anni.
E’ quindi un desiderio, un pensiero ed una realtà presente nella vita, che si fa ancora più pressante quando i fattori più importanti, come una vita di coppia soddisfacente ed un lavoro stabile, portano a decidere praticamente di allargare la famiglia.
Quali fattori contribuiscono ad una tale decisione?
I fattori che spingono una donna a cambiare così radicalmente la propria vita ed il proprio senso di sè, passando allo status di mamma, sono legati a svariati fattori interni, che in quanto tale sono definiti soggettivamente e quindi cambiano da caso a caso.
Tra i fattori interni, molto importante è l’armonia di coppia, una condivisione di valori e credenze e quindi una soddisfazione affettiva.
Il desiderio di un figlio deve essere condiviso, presente e riconosciuto da entrambe le parti ed i rapporti devono essere improntati sull’amore, sul rispetto reciproco e soprattutto sul desiderio di stare insieme, costruire e concretizzare l’unione in un impegno comune, per la vita.
Questo è il significato più sano e corretto dell’atto della procreazione, in assenza di tali elementi ci troviamo di fronte ad una scelta strumentalizzata e dettata da altri bisogni che purtroppo già in partenza non rispettano il ruolo di un figlio come per esempio il ricorrere alla gravidanza per salvare un rapporto.
Un legame affettivo legato a fondamenta solide permette di affrontare la genitorialità con strumenti e forza in più, che rappresenta sì un’altra persona con cui condividere la gioia di questo percorso ma soprattutto un alleato con cui superare gli ostacoli che ci si troverà davanti, ostacoli che spesso mettono a dura prova anche le coppie più affiatate.
Primo fra tutti il ricrearsi una identità di sistema a tre che fino a pochi mesi prima era esclusivamente a due, per poi affrontare le sempre più rare occasioni di viversi la coppia fino ai problemi più o meno grandi legati all’educazione dei figli.
I fattori esterni sono legati più ad aspetti sociali e familiari: primo tra tutti la condizione lavorativa.
Una donna sicura di non incorrere in conseguenze lavorative negative legate alla gravidanza e che vive un ambiente lavorativo caratterizzato dal rispetto e dal sostegno della maternità, quindi che prevede orari flessibili, permessi retribuiti o un asilo aziendale, è più invogliata e sicura nel compiere un passo del genere.
Un senso di tranquillità e fiducia che si ripercuote anche sulla predisposizione a rimanere incinta, considerato il rapporto stretto che esiste tra la mente ed il corpo.Inoltre, in un periodo in cui si registra un più alto tasso di donne lavoratrici forse a causa della reale necessità di un reddito più alto o anche per l’accresciuta consapevolezza del bisogno di sentirsi realizzate anche nel lavoro, anche il contributo del sostegno familiare è essenziale.
Per non dover rinunciare alla carriera molti genitori preferiscono poter contare sulla disponibilità dei nonni che possono garantire al bambino la permanenza (dopo l’asilo) in un ambiente comunque familiare, anche in loro assenza, che gli permette inoltre di risparmiare e soprattutto di non far trascorrere al bambino troppe ore in strutture esterne.
D’altro canto, l’aumento della presenza delle donne nel mondo del lavoro, ha anche contribuito alla diffusione di maggiori infrastrutture e servizi per l’infanzia sempre più all’avanguardia e rispondenti alle necessità delle famiglie moderne.
Quindi anche i genitori che per necessità o per scelta non possono far affidamento sulla famiglia d’origine trovano soluzioni soddisfacenti.
C’è un’età giusta per diventare mamme?
Quando l’orologio biologico arriva ad un certo punto… non dà più scampo a nessuna!
E allora cominciano le paranoie, gli incubi, i pensieri irrazionali, le paure e la sensazione di urgenza che porta purtroppo a compiere scelte azzardate.
Ma in realtà, dal punto di vista psicologico, non esiste un’età giusta per avere un bambino, cioè un’indicazione anagrafica precisa: l’età giusta è indicata dai numerosi fattori presentati prima!
Dalle ricerche effettuate, il range è anche abbastanza vasto: le donne reputano che dai 25 ai 35 anni sia l’età giusta ed una piccola percentuale è convinta che si possa anche aspettare oltre.
Se parliamo invece del punto di vista biologico, i medici sono invece d’accordo nel sottolineare che purtroppo la fertilità femminile non registra un grado costante in tutto l’arco di vita e dopo i 35 anni tende a diminuire, portando a difficoltà e problemi di concepimento.
Sono argomenti delicati su cui è normale e comprensibile avere dubbi e incertezze ed è quindi giustificabile il ricorso ad un professionista come uno psicologo.
Se ne sentite la necessità quindi non abbiate remore e ponetevi come obiettivo solo la vostra serenità!
Dott.ssa Cristina Colantuono
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