Testamento biologico e fine vita – La Camera approva progetto di legge
13-07-2011
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Mentre il Paese appare concentrato su tutte altre vicende, e preoccupato della crisi economica sempre più pericolosa, la Camera dei Deputati, dopo oltre due anni di dibattito, ha approvato il cosiddetto “Testamento biologico” (più propriamente DAT: Disposizioni Anticipate di Trattamento). Siamo di fronte al provvedimento nato sull’onda dell’emozione per la tragica vicenda di Eluana Englaro.
Si disse allora, eravamo nel 2008, che un vuoto legislativo su un argomento tanto delicato, quello della fine della vita, non poteva essere tollerato. Dopo che i riflettori dell’informazione si sono, però, spenti, il progetto si è trascinato avanti per altri tre anni. Va detto che non si è trattata di pigrizia o negligenza: in ballo c’erano e ci sono valori e situazioni molto delicate. E se, certamente, all’inizio vi sono state speculazioni politiche, nel corso del tempo esse si sono attenuate mentre sono emerse le posizioni etiche e morali più disparate.
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Va detto che il testo approvato ieri non è, come a volte sembra, già legge dello Stato. È noto che un progetto di legge diviene legge solo quando i due rami del Parlamento lo approvano in forma assolutamente identica. Cosa che non è per quel che riguarda il “Testamento”. Appare, quindi, inutile concentrarsi troppo sui tecnicismi di una legge sin troppo preoccupata di limitare e definire. Si può in breve notare che si è stabilito che le DAT non siano vincolanti per il medico, che pure ne deve tenere conto; che alimentazione ed idratazione non sono considerati cure mediche ma sostegni vitali, e per questo non possono mai essere interrotte; che si è cercato di limitare la “platea” dei destinatati ai soli malati terminali in stato di incoscienza; questo è un punto particolarmente critico che creerà certo problemi sia nello stabilire chi sia terminale e chi no, sia per la evidente disparità di trattamento tra cittadini malati terminali ma coscienti, e quindi in grado di rifiutare qualunque cura ed anche idratazione ed alimentazione, e malati terminali non coscienti per i quali questa possibilità non è data in particolare per alimentazione ed idratazione. Detto questo, non si può non pensare che, vista l’aria politica ed economica che tira, questo progetto di legge tornerà a dormire in Senato e forse sarà utile base per ricominciare tutto da capo nel 2014 o giù di lì. Ed allora perché occuparsene? Perché, ancora un volta a dispetto di quello che i sempre più superficiali mezzi d’informazione affermano, si è registrato in questi giorni alla Camera dei Deputati un dibattito forte, eticamente e moralmente importante, e che ha risollevato, in chi ha potuto ascoltarlo, per un momento il livello di una classe politica spesso, e giustamente, bistrattata per lo scarso livello civile che evidenzia. Invece, di fronte ad un progetto di legge che trattava di vita, morte, malattia e, soprattutto, di quell’insondabile momento che tutti vivremo ma che nessuno racconterà, quello di passaggio tra la vita e la morte, i Deputati si sono sì divisi ed affrontati, ma senza mai davvero scadere nella volgarità o nell’insulto.
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Sgombriamo subito il campo: non si è trattata di una battaglia tra destra e sinistra, e nemmeno tra cattolici e laici, tra oscurantisti ed illuminati, tra difensori della vita e cultori della morte. Le posizioni sono state complesse, trasversali, variegate ma hanno tutte avuto in comune l’amore per la vita. Ci si è divisi su cosa sia questa vita, su come essa debba essere affrontata, soprattutto davanti al dolore ed alla morte, ma nessuno, nemmeno chi ha sostenuto la necessità di una legge sull’eutanasia, ha dimenticato per un momento di evidenziare, nei fatti ancor più che nelle parole, il proprio amore per la vita. Ci siamo trovati di fronte ad un tema delicatissimo, e che ha diviso partiti, gruppi, ma anche gli stessi animi di tanti Deputati, che hanno davvero deciso secondo coscienza più che secondo schieramenti prestabiliti.
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Ed allora, raccontiamo un po’ quello che si è sentito nell’Aula di Montecitorio in questo caldo inizio di estate. Si diceva dell’insensatezza delle divisioni con l’accetta: il cattolico Pierluigi Castagnetti, del PD, si è trovato accanto al laico e liberale Martino del PDL nel dichiarare con forza e dignità che nessuna legge era ammissibile su un argomento del genere. Né quella in discussione né altra; ci sono argomenti nei quali o Stato non deve in alcun modo entrare: questo è uno di quelli. Altri cattolici del PD; invece si sono espressi a favore della legge in discussione, mentre altri, come la Vice Presidente della Camera Bindi, hanno detto con forza e reiteratamente “NO” a questa legge. Si può discutere ma non partendo da queste basi. Nel contempo i “laici” del PD hanno mostrato anche loro dubbi e sfumature. Molto elevato, a sorpresa potrebbe dire chi non lo conosce, l’intervento di Bersani che ha chiesto di fermarsi un momento, di riflettere tutti assieme per trovare un punto di condivisione su un tema tanto delicato. Un intervento emozionato ed emozionante che certo non ci si aspetta dal Segretario di un partito politico. Ma non solo il PD si è mostrato aperto alla riflessione ed alla discussione.
Lo stesso PDL, che pure era in maggioranza favorevole alla legge, ha presentato sfumature diverse. C’è chi si è astenuto, chi ha votato contro, chi ha chiesto miglioramenti ed interventi chiarificatori. E la stessa UDC, partito cattolico, pur sostenitrice del progetto di legge, ha affrontato con umanità e sensibilità l’argomento ed anche le differenti posizioni che si presentavano in Aula. La Deputata Binetti, che tanti definiscono “clericale” considerandola esponente della peggiore intolleranza, ha mostrato comprensione per chi sosteneva posizioni diverse, e ha cercato di offrire soluzioni per non far sentire soli, abbandonati, inutili i malati e le loro famiglie. Ed il dialogo tra il filosofo cattolico Buttiglione e i laicissimi radicali, condotto sempre sul filo dell’ironia e del confronto duro ma rispettoso, ha contribuito a far comprendere le varie posizioni, superando steccati ideologici duri a morire. Si sono ascoltati discorsi molto significativi: la deputata FLI Chiara Moroni, figlia di un deputato socialista morto suicida nel 1993, ha sostenuto i suoi valori “laici”, aggiungendo, però, di rispettare – “e un po’ di invidiare” – coloro che hanno una fede trascendente che certo li aiuta nel dolore (e l’espressione della giovane deputata non era quella di un politico ma di una figlia); l’ex Sindaco di Palermo Scapagnini, scampato miracolosamente al coma ed alla morte, ha raccontato, con ironia e senza pietismi, la sua “avventura” quasi di là, la certezza di morire, ma nonostante questa certezza non desse angoscia, la sua volontà di tornare, di vivere ancora assieme ai suoi cari. Ha anche aggiunto che i medici avevano annunciato al figlio che se anche il padre fosse uscito dal coma sarebbe rimasto “scemo” per i danni subiti dal cervello. Scapagini ha commentato che la sua, assolutamente certa, “scemaggine” non era dovuta alla malattia ma alla sua natura, mostrando che si può anche sorridere sulla propria disgrazia.
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In generale, si è assistito ad un dibattito forte, dolente, ma rispettoso. Ad una rara prova di serietà di una classe politica che, purtroppo, ci ha (e si è!) abituata a fornire ben altre prove negative nella sua quotidiana attività di governo del Paese.
Federico Smidile
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