Attualità e Cronaca Rosa

Troy Davis è stato giustiziato con un’iniezione letale. Georgia

23-09-2011

Troy Davis è stato giustiziato con un’iniezione letale. Georgia

Gli appelli non sono serviti. Il boia ha messo fine alla vita di Troy Davis.

 

Il caso di quest’uomo dimostra che l’abolizione della pena di morte nel mondo è ancora lontana. Non si è creato, a tutt’oggi, un’opinione collettiva, condivisa sulla percezione e sulla determinazione dei limiti della Legge. Manca, insomma, una reale volontà di cambiamento. E si riaccende il dibattito sul confine tra razzismo e giustizia.

L’INCERTEZZA. Troy Davis si è sempre dichiarato innocente. Ha attirato l’attenzione del mondo attraverso i media, ma tutti i suoi sforzi non sono serviti a nulla: è stato giustiziato ieri con un’iniezione letale.
“L’unica cosa che chiedo è di guardare in profondità in questo caso per vedere, alla fine, la verità. Chiedo alla mia famiglia e agli amici di continuare questa battaglia”. Questo è stato il suo ultimo appello al mondo. L’ultima, ferma dichiarazione di estraneità ai fatti, che, però, non ha sortito alcun effetto.
La colpevolezza di Davis non è stata dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio: le prove a suo carico sono scarse e controverse e le testimonianze non hanno sollevato il velo di incertezza che permea tutta la vicenda. Addirittura la polizia è stata accusata di atti di coercizione.
A questo punto è inevitabile fare una riflessione: il colore della pelle di Davis può aver influito sulla sua condanna? È veramente morto il pregiudizio razziale negli USA? La situazione vede l’omicidio di un bianco da parte di un nero. Resta da capire se per arrivare al verdetto si sia effettivamente ragionato in questi termini, come accadeva fino a non molti anni fa.
C’è, però, anche il rovescio della medaglia: mentre Davis attendeva di conoscere il suo destino, la scorsa notte, in Texas veniva giustiziato un ex leader del Ku Klux Klan Lawrence Brewer, 44 anni, ritenuto colpevole dell’omicidio di un nero, James Byrd, per odio razziale.

 

LA CONDANNA. L’uomo era stato condannato per l’uccisione di un poliziotto, Mark MacPhail, avvenuta a Savannah (Georgia) nel 1989.
Il poliziotto, pur non essendo in servizio, era intervenuto per difendere un senzatetto vittima degli insulti di alcuni teppisti, finendo anche lui al centro di quell’assurda violenza. A quell’epoca Davis aveva 21 anni.
L’ esecuzione è stata rimandata per ben 4 volte dal 2007, l’ultima volta per 3 ore e mezza, per dar modo alla Corte Suprema di riesaminare il caso. Non è difficile immaginare quanto questa penosa situazione abbia influito negativamente sull’equilibrio psicologico di Davis e della sua famiglia. Brian Evans di Amnesty ha interpretato molto bene il disagio, la paura, lo stress e l’ansia che hanno accompagnato il condannato attraverso la sua personale “via crucis”: “Il trattamento riservato a Troy Davis si può paragonare alla tortura, soprattutto quando più volte si è trovato a poche ore dalla morte, dopo aver già dato i suoi ultimi addii”.

 

GLI ULTIMI MOMENTI. Troy ha affrontato gli ultimi momenti con apparente calma e lucidità: “Ha un buono stato d’animo, è in pace e prega sempre. Ma ha anche detto che non smetterà di lottare fino al suo ultimo respiro e che la Georgia sta per spegnere la vita di un innocente”. Questo il parere di Wende Gozan Brown, attivista di Amnesty International, che è stato tra gli ultimi ad averlo incontrato.
Ha persino avuto il coraggio di perdonare e benedire gli addetti che si stavano occupando dell’esecuzione, avvenuta alle 23.08 (le 5.08 in Italia). Impotente la folla che si accalcava fuori dal carcere in fremente attesa e inutile l’intervento di personalità come Benedetto XVI e l’ex presidente Jimmy Carter.
Il New York Times, alcune ore prima della morte di Davis, aveva tentato di mettere in guardia gli Stati Uniti dal “terribile errore” che stavano commettendo.
Lo stesso presidente Obama ha preso le distanze da quanto stava accadendo, in risposta ad una manifestazione di protesta svoltasi davanti alla Casa Bianca.

 

IL PROSSIMO TROY DAVIS. Troy Davis non è stato il primo e non sarà l’ultimo ad attendere la sua sorte nel braccio della morte: il 9 novembre in Texas verrà giustiziato Hank Skinner, accusato di aver ucciso la sua compagna e i due figli di lei nel 1993. Anche Hank si è sempre dichiarato innocente e, a quanto pare, le tracce biologiche rinvenute sulla scena del delitto non sono mai state sottoposte al test del DNA.
Troy Davis è morto a 43 anni, dopo aver trascorso in carcere 22 anni.
Francesca Rossi

Troy Davis- democracy now filmato

Troy Davis su Amnesty USA

Troy Davis sul Guardian

filmato Amnesty Italia per Troy Davis

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