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Pena di morte in Cina e Stati Uniti. Giustizia o barbarie?

17-09-2011

Pena di morte in Cina e Stati Uniti. Giustizia o barbarie?

La pena di morte esiste in molte parti del mondo. Approfondiamo la realtà di Cina e Stati Uniti.

 

«La pena di morte, rendendo meno sacro e intoccabile il valore della vita, incoraggerebbe, più che inibire, gli istinti omicidi».Cosi parlava Cesare Beccaria autore dell’opera “Dei delitti e delle pene”.
Il mondo si interroga ancora oggi sull’efficacia della pena di morte, ma la realtà è desolante: la Cina è in testa alla classifica mondiale per numero di esecuzioni, mentre le nazioni che ancora oggi la applicano sono piuttosto restie a rinunciarvi.

 

FAVOREVOLI E CONTRARI. Molte volte ci siamo soffermati sul significato dell’espressione pena di morte: condanna all’uccisione di una persona ordinata da un tribunale.
Gli uomini si sono sempre divisi tra favorevoli e contrari, anche se cittadini di un Paese in cui la pena capitale è sempre stata in vigore applicata.
I favorevoli sostengono che la pena di morte sia una punizione giusta, definitiva ed esemplare per un certo tipo di crimini e possa rappresentare un deterrente efficace. Inoltre un’idea molto diffusa è che possa essere una soluzione al sovraffollamento delle carceri e alle eccessive spese di mantenimento dei detenuti.
I contrari, invece, appellandosi al rispetto dei diritti umani mettono in gioco molte obiezioni interessanti: l’esecuzione capitale non sarebbe un deterrente, anzi, in certi casi avrebbe addirittura l’effetto contrario; la possibilità di errore, poi, è sempre dietro l’angolo; spesso le esecuzioni avvengono dopo anni dal giudizio, costringendo le corti d’appello a numerosi riesami che hanno un costo non trascurabile; l’impossibilità per il reo di redimersi o di ottenere una riabilitazione sociale; l’assenza del diritto da parte dello Stato di decidere della vita o della morte di un individuo; la possibilità che i processi non siano equi e giusti.
A tal proposito è utile ricordare che il fondamentale principio secondo il quale si è innocenti fino a prova contraria non è contemplato (o regolarmente applicato) in tutti gli ordinamenti giuridici del mondo.

 

IL CASO STATI UNITI. Per esaminare la questione più da vicino, prendiamo in esame due casi- Paese che sono legati tra loro finanziariamente ed economicamente: la superpotenza consolidata,ma a tratti un po’ scricchiolante,degli Stati Uniti e l’astro nascente della Cina.
In entrambe la nazioni esiste la pena capitale, ma le procedure sono molto diverse:
negli Stati Uniti la pena di morte è legale a livello federale per un certo tipo di reati come, per esempio, l’alto tradimento, il terrorismo, o lo spionaggio che pregiudica la sicurezza nazionale; ciò vuol dire che in questi casi può essere comminata su tutto il territorio americano.
Nei singoli Stati può essere in vigore per atti criminosi come l’omicidio premeditato, oppure per traffico di droga, come avviene in Texas.
Dei 50 Stati americani solo 16 non prevedono la pena di morte. In 3 Stati, Kansas, New York e New Hampshire, la pena di morte non è più applicata dal 1976.
L’esecuzione può avvenire, a seconda della legge vigente nei singoli Stati, attraverso l’iniezione letale, la sedia elettrica, camera a gas, fucilazione e nel passato si è fatto ricorso anche all’impiccagione.

 

IL CASO CINA. In Cina, Paese con il più alto numero di esecuzioni nel mondo, la pena capitale è un segreto di Stato: ciò significa che solo la Corte Suprema conosce il numero esatto delle condanne. Si stima che nel 2004 ce ne siano state tra le 5000 e le 10000. Inoltre il governo esercita forti pressioni sui mezzi di informazione nazionali.
Sono circa 80 i reati puniti con la pena capitale, tra cui l’omicidio, il rapimento, lo stupro e il traffico di esseri umani.
Il condannato deve trascorrere in ginocchio, con le manette ai polsi e alle caviglie, il periodo immediatamente precedente all’esecuzione. Spesso gli imputati non hanno diritto alla difesa ed è ammesso il ricorso alla tortura.
In alcuni casi i loro organi vengono espiantati senza chiedere il consenso alle famiglie. Ciò ha fatto pensare che dietro a numerose esecuzioni si potesse nascondere un traffico di organi.
Nel 2005 la Cina ha votato contro l’abolizione della pena di morte.
Oggi molte persone si stanno muovendo in difesa dei diritti umani e contro la pena di morte, giudicata una avvilente barbarie. Moltissimi sono coloro che nel mondo vivono nel braccio della morte, in una sorta di limbo in cui attendono che venga deciso il loro destino. Sta all’umanità intera decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato, agire secondo coscienza e, soprattutto, assumersi la responsabilità delle proprie azioni e decisioni anche davanti alle generazioni future.

Francesca Rossi

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