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Cina. Foot Binding – La tortura dei “piedi fasciati”

08-09-2011

Cina. Foot Binding – La tortura dei “piedi fasciati”

In passato molte donne cinesi hanno dovuto subire la tortura dei piedi fasciati per sembrare più belle.

 

DONNE CINESI. Quella del foot binding (fasciatura del piede) suona un po’ come una leggenda o, comunque, come appartenente a un passato lontano anni luce da noi, complice la distanza geografica e culturale che ci separa dal Paese che la praticava, la Cina. Invece, tra la numerosissima popolazione cinese è ancora possibile incontrare donne anziane che portino i segni della famigerata pratica dei piedi fasciati. Ne è un esempio Zhou Guizhen, la donna ritratta nella foto qui accanto.

 

MILLE ANNI DI TORTURE. La pratica dei piedi fasciati, detta anche del Loto d’oro o del Giglio d’oro, risale all’inizio della dinastia Song (960 – 1279 d.C.) e ha conosciuto il suo massimo successo durante la dinastia Ming e gli albori della dinastia Qing, per poi sparire gradualmente durante la prima metà del XX secolo, soprattutto in virtù della sua abolizione ufficiale nel 1902.

Il nome cinese del foot binding, Loto d’oro o Giglio d’oro, fa riferimento all’andatura assunta dalle donne vittime di questa pratica, ovvero un’andatura inevitabilmente instabile e oscillante, appunto come i fiori di loto o i gigli mossi dal vento. Dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese però i termini Loto d’oro e Giglio d’oro sono stati considerati inaccettabili e discriminatori e sostituiti dalla dicitura “piedi fasciati”.

 

LA LEGGENDA. Narra la leggenda che sia stata una concubina imperiale a dare inizio alla pratica del Loto d’oro. Per rientrare nei favori dell’imperatore, la donna si sarebbe fasciata i piedi con lunghe bende di seta bianca per poi danzare la Danza della luna sul fiore del Loto.

 

LA TECNICA. La pratica del foot binding veniva praticata alle bambine già in tenera età, generalmente tra i 2 e gli 8 anni. Nelle famiglie contadine la fasciatura veniva effettuata più tardi, comunque non oltre i 15 anni, perché le bambine dovevano essere abili al lavoro fino a quando non venisse concordato un matrimonio.

Il completamento della deformazione dei piedi richiedeva dai 3 ai 10 anni di tempo e per tutta la vita le donne dovevano prestare cure particolari ai piedi e usare, anche di notte, scarpine rigide sufficientemente resistenti da sorreggere il peso del loro corpo.

La deformazione del piede, che finiva con l’assumere la forma di una mezzaluna, avveniva in due fasi distinte. Dapprima venivano piegate le dita più piccole al di sotto della pianta del piede; poi venivano avvicinati alluce e tallone, inarcando così il collo del piede fino a mantenere la lunghezza della pianta tra i 7 e i 12 centimetri. In questo modo le articolazioni del tarso e le ossa del metatarso si frantumavano e si saldavano in modo irregolare, deformandosi.

Prima della bendatura, i piedi venivano accuratamente lavati e ripuliti dai residui organici e poi cosparsi di allume, per prevenire le emorragie e stimolare la coagulazione. Tuttavia questi accorgimenti erano spesso insufficienti e si andava incontro a infezioni, setticemia, cancrena e, in molti casi, alla perdita delle dita. Per facilitare l’avvicinamento di alluce e tallone veniva addirittura praticata una profonda incisione alla pianta del piede, mediante la quale veniva asportata la carne eccedente.

 

SIMBOLO DI SOTTOMISSIONE. I piedi deformati venivano coperti da scarpe dalle dimensioni minuscole che la donna stessa fabbricava per mettere in risalto tanto la forma del piede quanto le proprie abilità artigianali. Dimensione del piede e fattura della scarpa dicevano tutto della donna: testimoniavano la sua capacità di sopportare il dolore e le sue doti casalinghe. In particolare il Confucianesimo vedeva nella pratica del Loto d’oro la dimostrazione della sottomissione della donna all’uomo: la fasciatura dei piedi rendeva la moglie fisicamente dipendente dal marito e le rendeva pressoché impossibile allontanarsi da casa, a causa della precarietà del suo equilibrio.

 

STATUS SYMBOL. In un primo momento la pratica si diffuse tra le famiglie più abbienti, soprattutto per motivi estetici, ma successivamente divenne vero e proprio simbolo dello status sociale della donna e si diffuse anche tra le classi meno facoltose. Una donna con i piedi deformati, infatti, non poteva svolgere lavori pesanti e, di conseguenza, doveva sposare un uomo ricco. Le ragazze povere, invece, potevano essere vendute come concubine e il loro prezzo variava a seconda delle dimensioni e della perfezione del piede. La pratica divenne presto la condizione necessaria per contrarre matrimonio, motivo per cui il suo abbandono fu lento e difficile, soprattutto da parte delle donne stesse.

Valentina Severin

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