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Iran: Attrice condannata a novanta frustate: la censura stringe la morsa attorno al Festival del Cinema di Beirut

12-10-2011

Iran: Attrice condannata a novanta frustate: la censura stringe la morsa attorno al Festival del Cinema di Beirut

La censura in Iran si fa sempre più violenta e tra i suoi bersagli preferiti figura il cinema, potente mezzo di ribellione e protesta. Ma stavolta le autorità sono andate anche oltre, condannando alla fustigazione l’attrice Marzieh Vafamehr a causa del suo impegno civile

 

LA CENSURA. La notizia è arrivata dall’Agenzia Ansa il 10 ottobre: due film iraniani in concorso al Festival del Cinema di Beirut sono stati costretti al ritiro a causa degli scottanti temi politici e sociali che trattano, mentre quattro registi non hanno ricevuto il permesso per lasciare Teheran e raggiungere Beirut.

A questa notizia se ne è aggiunta, contemporaneamente, un’altra più agghiacciante: l’attrice iraniana Marzieh Vafamehr è stata condannata ad un anno di prigione e a ben novanta frustate per aver preso parte ad un film proibito dalle autorità.
Non è la prima volta che queste cose accadono nel Paese islamico, ma ancora una volta colpiscono la brutalità e la violenza della repressione di ogni libertà espressiva.

 

MARZIEH VAFAMEHR. L’attrice, molto conosciuta nel suo Paese, agli occhi delle autorità iraniane è colpevole di aver partecipato, come protagonista, al film coprodotto con l’Australia My Teheran for Sale, una pellicola che affronta le difficoltà degli artisti che vivono e lavorano nella repubblica islamica.
La trama narra la storia di una giovane attrice che vive e lavora a Teheran in clandestinità, perché il teatro è vietato dalle autorità. Mentre cerca di dar vita al suo sogno, la protagonista incontra un ragazzo iraniano, Saman, che ha ottenuto la cittadinanza australiana. Il giovane le propone di scappare verso un paese democratico e rifarsi una vita.
A riportare la notizia della condanna è il giornale d’opposizione Kalame.com. Lo stesso magazine annuncia, inoltre, che il legale dell’attrice ha presentato ricorso contro la sentenza, emessa lo scorso sabato.
Secondo l’agenzia Fars il film non avrebbe ricevuto le autorizzazioni alla diffusione e, quindi, sarebbe proiettato illegalmente.
Bisogna ricordare, però, che la Vafamehr era già stata arrestata a luglio e poi rilasciata dietro pagamento di una cauzione di cui non si conosce la reale entità.
Non è solo il film e i temi che tratta a far gridare allo scandalo le autorità; infatti in alcune scene Marzieh si fa inquadrare senza hijab e con il volto scoperto. Questo, per i più conservatori, è un affronto insopportabile.

 

IL CINEMA IRANIANO. Esprimere la propria opinione e fare arte in alcuni luoghi è davvero un lusso. Eppure gli iraniani amano molto il cinema, ma non riescono ad opporsi alla censura imperante, presente nel Paese già dai tempi dello Shah Reza Pahlavi, che regnò tra il 1941 e il 1979.
I film iraniani, ancora oggi, molto spesso escono dalla repubblica clandestinamente per raggiungere i festival e i cinema europei. Molte volte si tratta di pellicole acclamate in Occidente ma che in patria sono vietate e quasi sicuramente non verranno mai proiettate.
Pensiamo alle vicende di registi come Abbas Kiarostami e Mohsen Makhmalbaf, famosi in tutto il mondo, ma i cui film sono troppo di frequente banditi dalle autorità iraniane.
E che dire di un film originale e stupendo come Il Cerchio (Dayereh) del 2000, ma ancora inedito in patria perchè il regista, Jafar Panahil, si è rifiutato di tagliarne 18 minuti?
Questi sono solo alcuni dei casi che tratteggiano per grandi linee una realtà molto complicata, in cui attori, registi e maestranze cercano in tutti i modi di continuare il proprio lavoro e raccontare la realtà dell’Iran, ma spesso pagano con la vita il loro impegno.

 

DIRITTI UMANI DA CONQUISTARE. Le punizioni, la censura, il carcere e il pericolo di morte sono elementi troppo frequenti di una realtà, quella iraniana, in cui i diritti umani sono opinioni discutibili.
L’ultimo caso in ordine di tempo riguarda un pastore protestante di nome Youcef Nadarkhani, padre di due figli, condannato a morte per la sua fede cristiana. Secondo le accuse si sarebbe convertito, dunque, secondo la legge islamica, è colpevole del reato di apostasia.
L’ultima parola sulla sentenza spetta, ora, all’ayatollah Khamenei. Speriamo che la mobilitazione internazionale, già attiva in queste ore, possa bloccare la condanna.

Francesca Rossi

Trailer di My Teheran for Sale

 

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