11 settembre, 10 anni dopo – Gli attentati che hanno cambiato il mondo
09-09-2011
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Sono passati 10 anni da quel terribile 11 settembre 2011, il giorno degli attentati che cambiarono il mondo.
Al World Trade Center morirono 2.753 persone. 87 erano a bordo del volo American 11, 60 del volo United 175. Fra le vittime c’erano 343 vigili del fuoco, 60 poliziotti e 8 paramedici. 372 vittime sono cittadini di 87 differenti nazioni. Solo 289 salme sono state trovate intatte. I resti umani ritrovati sono 19.858 e continuano ad aumentare.
SALTO NEL PASSATO. Un salto indietro di 10 anni. Con la mente facciamo un viaggio a ritroso e cerchiamo di ricordare… cosa facevamo esattamente 10 anni fa quel maledetto 11 settembre? Qui da noi in Italia era pomeriggio quando le prime notizie cominciarono ad arrivare alle agenzie, e dopo ai telegiornali ed ai giornali e su internet….. non tutti abbiamo appreso dei terribili attentati nello stesso momento, ma sicuramente tutti ci ricordiamo cosa stavamo facendo, quando, abbiamo udito per la prima volta che due torri a New York erano state colpite da aerei in volo. Tutti ci siamo chiesti cosa stesse succedendo. Tutti abbiamo avuto un brivido. Poi le informazioni cominciarono ad arrivare più precise, le torri erano venute giù e anche a Washington il Pentagono era sotto attacco. Ecco, queste sono state le parole che un collaboratore ha usato per comunicare la tremenda notizia a George W. Bush, che quella mattina stava incontrando i bambini di una scuola elementare: “Mr. President, the country is under attack“. Signor Presidente il Paese è sotto attacco.
Nei nostri occhi abbiamo ancora le immagini dei crolli della nube bianca che ha avvolto tutta la zona delle Twin Tower, rendendo tutti coloro si trovavano in quel posto dei bianchi fantasmi. E dei fogli che volavano nel cielo, pagine di migliaia di pratiche degli uffici che erano ospitati nei grattaceli. Materiale sicuramente tenuto ordinatamente fino a qualche minuto prima, dentro degli eleganti e funzionali raccoglitori, che la segretaria archiviava con cura. E invece ora volavano sparsi dappertutto in un’infinita pioggia. E di quei disperati che hanno cercato la salvezza gettandosi nel vuoto. Abbiamo immaginato tutta la loro paura.
In poche ora abbiamo visto la massima espressione dell’odio ma anche quella dell’amore con il sacrificio di tanti vigili del fuoco.
Una giornata particolare, un momento difficile che ha aperto le porte a successivi anni di crisi, quali quelli che stiamo ancora vivendo, non solo dal punto di vista economico o politico ma soprattutto morale. Un momento che, speriamo, sia il momento più basso che precede la risalita.
Approfondiamo ora i vari aspetti della vicenda 11/9 con i dubbi che ancora la avvolgono e la forza di riscatto degli Stati Uniti che si riassume nella frase del Sindaco di New York, Bloomberg “Non dimenticheremo mai la devastazione dell’area che è diventata nota come Ground Zero. Però è venuto il momento di chiamare quei sedici acri di terreno per quello che sono: il World Trade Center e il National September 11 Memorial and Museum“.
SINDACO GIULIANI: IL RACCONTO DI QUEL TERRIBILE GIORNO.
Rudolph Giuliani rivive l’11/9 rilasciando un’intervista al National Geographic Channel. È la prima volta che lo fa in modo dettagliato.
“Ho visto un uomo gettarsi dal 101° o 102° piano, è stata l’esperienza peggiore della mia vita”.
Giuliani è nato a Brooklyn ed è diventato sindaco di New York nel 1994, un anno dopo il primo attacco alle Torri Gemelle, l’autobomba jihadista nel seminterrato che ha causato sei vittime. Conosce bene la sua città e ed i rischi terroristici ai quali poteva essere esposta: “La possibilità di un attacco è sempre stata molto concreta, ricevevamo spesso informazioni su terroristi arrestati in altre parti del mondo che avevano piani per colpire la metro di New York, i ponti, le gallerie, la Borsa. Per sette, otto anni abbiamo fatto progetti per fronteggiare tutti gli attacchi possibili“. E infatti appena diventato Sindaco, Giuliani istituisce un ufficio per la Gestione delle emergenze “Una struttura più grande e sofisticata rispetto al passato per affrontare pericoli come attacchi al gas nervino, attentati all’antrace, l’eventualità di attacchi nucleari“. Il nuovo ufficio era situato proprio al numero 7 del Word Trade Center.
Inizia il suo racconto “Di solito iniziavo la giornata da sindaco con il meeting delle 8, ma poiché era il giorno delle primarie avevo deciso di fare colazione al Peninsula Hotel alle 7,45, con tre amici, ex colleghi della Procura Federale“. È una poliziotta che, finita la colazione, comunica all’avvocato di Giuliani, Denny Young, “c’è un grosso incendio al World Trade Center, sembra che un bimotore si sia schiantato contro la Torre Nord“.
Il Sindaco guarda il cielo azzuro di quella mattina a New York e pensa che “non poteva trattarsi di un incidente» perché «nessun aereo avrebbe potuto perdere la rotta in un giorno simile». Doveva essere un atto intenzionale. Si reca quindi sul posto per rendersi conto di persona di quanto accaduto e si accorge che i cellulari non funzionano perfettamente e cerca il modo di contattare il Pentagono, la Casa Bianca e il Governatore. Già dopo 14 minuti il Sindaco è sul luogo dell’attentato e si accorge della gravità della situazione:
“Vedo medici e infermieri, per strada, nelle divise da sala operatoria, come in un ospedale da guerra“. Sente di persona la seconda esplosione e subito dopo riceve una chiamata della polizia che lo avverte del secondo aereo contro le torri. “A quel punto siamo stati certi che si trattava di un attacco terroristico” ricorda Giuliani.
L’aereo infranto sulla Torre Sud ha reso impossibile lavorare nell’ufficio Gestione emergenze e Giuliani deve stabilire una nuova postazione di comando, proprio come fa la Polizia, che si insedia in un edificio di uffici dove dispone di linee telefoniche fisse. «Ho detto in quel momento di andare al posto di comando dei vigili del fuoco, da lì avremmo preso le informazioni necessarie e poi saremmo tornati sul luogo dell’impatto».
Camminando verso il World Trade Center il vicesindaco Joe Lhota gli fa notare : “C’è gente che si sta lanciando“. Giuliani guarda in alto: “Vedevo solo detriti, non persone“. Poi rimane scioccato. “Speravo che Lhota stesse esagerando, che si sbagliasse. Mi sono fermato, ho visto un uomo gettarsi dal 101°o 102° piano, proprio in cima alla Torre, e sono rimasto a guardarlo. Ci saranno voluti tre o quattro secondi… All’improvviso ho capito che ci trovavamo dentro qualcosa che non avevamo mai vissuto. Non si trattava solo di un’altra emergenza, eravamo coinvolti in qualcosa che andava oltre. Non avevamo un piano per aerei usati come missili che ci attaccavano. Dovevamo fare il meglio“.
Ogni dettaglio, ogni singolo momento è ben vivo nel ricordo di Giuliani. A lui il merito di aver avuto il sangue freddo per affrontare la situazione e di aver saputo anche infondere coraggio. “La gente di New York deve essere d’esempio, il terrorismo non ci fermerà“. Da quel momento diventa la guida per la città aggredita, aiutandola a ritrovarsi e risollevarsi con una forza d’animo che “Time” riassume coniando per lui la definizione di “Sindaco d’America“.
L’ARMA “KAMIKAZE”
L’utilizzo degli “ordigni umani” spesso tristemente presenti sulla scena israeliana, prendono una piega internazionale dal 1999. E con l’11 settembre 2001 è iniziata l’era in cui gli eserciti devono fare i conti con una nuova “arma da guerra”: le persone che si uccidono per farne morire tante altre. Storicamente una realtà nuova. E sarà proprio la guerra al terrorismo che innescherà un lunghissimo numero di attacchi in Afghanistan, Iraq e Pakistan. Dal 2003 al 2010 sono stati 1760 con un picco nel 2005. Anche a Madrid e Londra si sono verificati attacchi di matrice terrorista anche se opera di gruppi isolati e quindi non riconducibili alla pianificazione diretta degli attacchi da parte di Al Qaeda.
DUBBI SULL’ATTENTATO E IPOTESI DI COMPLOTTO
In questi anni sono stati molti coloro i quali hanno avanzato dubbi circa la dinamica dell’attacco, tanto da sostenere la teoria che fosse stato lo stesso Governo Americano a volere l’attacco per giustificare poi una rivalsa nei confronti dell’Iraq per fini legati al petrolio. Il regista statunitese Michael Moore sull’argomento nel 2004 ha girato un documentario intitolato Fahrenheit 9/11 incentrato sui presunti legami tra la famiglia Bush, la famiglia reale saudita e la famiglia bin Laden, sulla guerra al terrorismo e le sue strumentalizzazioni: il clima di paura e la restrizione dei diritti civili negli Stati Uniti, e la guerra in Iraq. Si tratta di un durissimo atto d’accusa all’amministrazione Bush.
Ma vediamo punto per le ipotesi.
È stato detto che le Torri siano crollate per cariche di esplosivo.
Sia i pompieri sopravvissuti che le indagini indipendenti hanno confermato la dinamica dei crolli: gli aerei esplodendo hanno indebolito la struttura interna delle Torri facendola crollare. La tesi delle esplosioni nasce dal rumore che fecero le Torri crollando.
Possibile che gli aerei non siano stati intercettati dalla difesa statunitense?
L’America fu colta di sorpresa. Nessuno si aspettava un attacco con aerei civili trasformati in missili. E alcuni possibili indizi non furono presi nella giusta considerazione dalle agenzie d’intelligence.
Alcuni hanno sostenuto che non c’erano ebrei al Word Trade Center la mattina dell’attentato.
Questa notizia venne divulgata per la prima volta dalla propaganda siriana poco dopo gli attacchi prima ancora si sapesse la nazionalità delle vittime, che in realtà sono di tutte le fedi: cristiani, ebrei, musulmani, hindu, buddisti. La Siria aveva tentato così di far ricadere su Israele la responsabilità degli attacchi compiuti da Al Qaeda.
In molti sostengono che l’Fbi aveva avuto sentore degli attacchi.
Prima dell’11 settembre intelligence, polizia e dogane operavano separatamente e non riuscirono a mettere assieme tutti i tasselli del mosaico indiziario. È stata propro l’assenza di coordinamento ad impedire di sventare gli attacchi.
Al Qaeda Bin Laden e gli Stati Uniti.
Osama Bin Laden nel 1998 aveva dichiarato la Jihad contro “ebrei e crociati” scegliendo come principale nemico gli Stati Uniti. L’attacco si proponeva di travolgere l’odiato nemico per accelerare la creazione di un califfato islamico nelle terre abitate da musulmani.
IL CAMBIAMENTO E GLI ERRORI DEGLI STATI UNITI DOPO L’11 SETTEMBRE
Chi si reca da anni negli Stati Uniti si è reso conto del grande cambiamento che c’è stato dal punto di vista della sicurezza dopo l’11 settembre 2001. La prima lezione, per gli americani è stato il rendersi conto di essere di fatto esposti e vulnerabili. I terroristi hanno avuto tutti gli strumenti per poter agire e ancor prima progettare l’attacco. Ed un risultato positivo è certamente stato l’attuale maggiore collaborazione tra CIA e FBI.
La reazione d’altro canto non è stata delle più opportune. Nel bilancio del primo decennio possiamo certamente affermare che la “guerra globale al terrorismo” dichiarata da Bush figlio non ha sortito gli effetti sperati. Anzi. Molti musulmani hanno frainteso e considerato l’azione statunitense come un attacco all’Islam, cosa che in realtà non era nelle intenzioni degli Stati Uniti, i quali hanno involontariamente fomentato un odio verso l’occidente.
Anche dal punto di vista economico la lunga guerra ha contribuito alla crisi attuale statunitense. Le spese ormai si aggirano sul trilione di dollari che pesano sul bilancio dello stato. Senza contare che l’impegno nella lotta a Bin Laden ha impedito di mettere a fuoco ed affrontare adeguatamente le sfide globali dovute crescita economica asiatica.
I ruggenti Anni Novanta della Borsa americana, che avevano regalato al mondo Internet, erano ormai alle spalle e il Dow Jones, l’indice-simbolo del capitalismo americano, aveva toccato il suo massimo storico (11.497) nell’ottobre 1999. Da allora gli indici di Borsa si sono fermati e poco dopo anche la crescita americana si era fermata per essere sostituita da una leggera caduta.
LE VITTIME. Al di là tutte le considerazioni ciò che rimane è il dolore per le vittime ancora intatto dopo tutti questi anni. L’assurdità del male ci impedisce di dare un senso a quanto accaduto, se non sotto un’ottica di fede. Il sacrificio di tutti quegli innocenti sia per lo meno uno stimolo per tutti ad un impegno maggiore al raggiungimento di una migliore convivenza tra i popoli. Con l’attenzione rivolta al bene del popolazioni e non come accade spessissimo, al potere ed al denaro.
Paola Totaro
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