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Iran – Youcef Nadarkhani: pastore condannato a morte per essersi convertito al Cristianesimo

14-10-2011

Iran – Youcef Nadarkhani: pastore condannato a morte per essersi convertito al Cristianesimo

Potremmo chiamarlo: il caso della presunta condanna inesistente. In effetti qualcosa di strano e misterioso c’è davvero in questa vicenda che a tratti appare surreale. Ancora una volta la verità fatica a venire a galla in un Paese, l’Iran, in cui i diritti umani sono sempre più spesso calpestati

 

IL CASO. La vicenda di Youcef Nadarkhani, pastore evangelico padre di due figli, è molto intricata. In questi giorni le notizie si sono susseguite senza sosta tra conferme, smentite e apparenti false piste. Cerchiamo di fare ordine partendo dall’inizio: il primo ottobre la vicenda di Nadarkhani inizia a fare il giro del mondo attraverso un appello lanciato dal Ministro degli Esteri italiano Frattini e dal suo collega francese Juppé durante un seminario del Partito Popolare Europeo dedicato alla salvaguardia delle minoranze religiose nel mondo.
I due ministri hanno chiesto clemenza per il giovane condannato a morte per la sua conversione al Cristianesimo: ”Abbiamo fatto un passo nei confronti delle autorità iraniane perché non si permetta di uccidere, di condannare o di mettere in carcere una persona per ragioni legate alla fede. Abbiamo lanciato un appello molto forte, che si iscrive nel discorso più generale del diritto a professare tutte le religioni”.
La religione islamica, infatti, non contempla la possibilità di abiura: chi nasce musulmano o si converte nel corso della propria vita, deve morire da musulmano. In caso contrario si incorre nel reato di apostasia, per il quale in molti Paesi, tra cui l’Iran, è prevista la pena di morte.
Anche gli Stati Uniti si sono schierati dalla parte di Youcef. Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney ha dichiarato in un comunicato: “Gli Stati Uniti condannano la sentenza di morte per il pastore Youcef Nadarkhani. L’esecuzione della pena capitale sarebbe una nuova prova di totale disprezzo delle autorità iraniane verso la libertà di culto”.
L’avvocato dell’uomo, Mohamed Ali Dadkhah è ottimista sul suo rilascio, in quanto ‘‘in tribunale gli è stata contestata solo l’apostasia e la mia azione difensiva era basata su questa accusa”.
Nel frattempo si scopre qualcosa di più sulla vita di Nadarkhani, trentaquattro anni, convertito a diciannove e attualmente guida spirituale di una comunità evangelica chiamata Chiesa dell’Iran.
Viene arrestato nel 2009 e condannato alla pena di morte l’anno dopo. Con il successivo ricorso alla Corte Suprema il caso viene mandato per nuove indagini al tribunale locale di Rasht, nella regione del Ghilan, di cui è originario Youcef.
Questo tribunale avrebbe dovuto verificare l’eventuale provenienza di Nadarkhani da un ambiente musulmano e, in caso affermativo, chiedergli di rinnegare la propria fede.
A quanto pare le origini islamiche sono state accertate e la domanda di abiura effettuata, ma il pastore avrebbe risposto con un deciso no, assumendosi il rischio di esecuzione.

 

I NUOVI SVILUPPI. Qualche giorno fa l’Iran ha risposto alla mobilitazione internazionale in favore di Nadarkhani attraverso le parole del vicegovernatore della provincia di Ghilan Gholam-Ali Rezvani, il quale sostiene che il pastore sarebbe stato arrestato e giudicato “per stupro ed estorsione e non per apostasia. “È un sionista, un traditore e ha commesso crimini legati alla sicurezza”, ha aggiunto Reznavi, secondo cui il pastore aveva addirittura aperto una casa di corruzione. Il politico ha poi concluso con questa affermazione: “Nel nostro sistema nessuno può essere condannato a morte per aver cambiato religione”.
Anche la tv di Stato iraniana smentisce le notizie: “Nadarkhani non incorre nella pena capitale per apostasia, ma perché colpevole di diversi rapimenti ed estorsioni. Ancora una volta i media e persino le autorità occidentali, cavalcando fatti di cronaca non hanno saputo far altro che attaccare immediatamente la Repubblica islamica e il sistema giuridico iraniano con il solito tam-tam propagandistico e del tutto strumentale”.
Dunque le parti si ribaltano: sarebbero gli occidentali a strumentalizzare la questione di Nadarkhani per attaccare l’Iran.
Infine in data 11 ottobre l’Agenzia Ansa batte la nota con cui l’ambasciata iraniana a Roma precisa che il pastore cristiano iraniano “non è mai stato condannato a morte” e che gli sono riconosciuti ‘tutti i diritti previsti dalla leggementre nei suoi confronti ‘‘la magistratura non si e’ espressa in modo definitivo”.
A questo punto l’ultima parola per tentare di dirimere la questione è affidata all’ayatollah Khamenei. L’avvocato di Nadarkhani, vista la situazione, ha deciso di seguire una linea difensiva basata sulla religione, più che sugli argomenti giuridici.
Purtroppo lo stesso avvocato non vive momenti di tranquillità: recentemente, infatti, è stato condannato a nove anni di prigione, dieci di interdizione dalla professione e cinque frustate per il suo sostegno al Centro per la difesa dei diritti umani fondato dal premio Nobel Shirin Ebadi. Ora è libero, ma potrebbe essere chiamato a scontare la pena in qualunque momento.

 

YOUCEF E LA FEDE IN CRISTO. Nadarkhani ammette di non essere un cristiano praticante, ma nega risolutamente di voler abbandonare la sua fede, anche sotto minaccia di morte: “Pentirmi vuol dire tornare indietro. Ma a cosa dovrei tornare? Alla blasfemia nella quale vivevo prima di trovare la mia fede in Cristo?”
Youcef è ancora in carcere. All’inizio, nel 2009, a quanto sembra, era stato arrestato solo per aver protestato di fronte ad una scuola contro l’introduzione dell’obbligo per gli allievi della lettura del Corano.
Man mano che i giorni passavano, però, le accuse si sono fatte più pesanti, arrivando all’apostasia, al proselitismo, alla corruzione, al rapimento e allo stupro.
Se la condanna a morte venisse eseguita si tratterebbe del primo caso di un cristiano giustiziato in Iran per motivi religiosi da vent’anni a questa parte.

 

 

Francesca Rossi

Lettera da Youcef Nadarkhani in inglese

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