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Anna Politkovskaja – Giornalista Russa uccisa cinque anni fa: la “reietta” non rieducabile

07-10-2011

Anna Politkovskaja – Giornalista Russa uccisa cinque anni fa: la “reietta” non rieducabile

Sono passati 5 anni da quel 7 ottobre del 2006, quando la giornalista russa Anna Politkovskaja venne trovata morta nell’ascensore del suo palazzo, crivellata di colpi. La donna, la giornalista è morta, il suo corpo è perduto, ma non le sue idee, non i suoi scritti, destinati a farla rivivere per sempre nella memoria di ciascuno di noi.

LA GIORNALISTA. Anna Politkovskaja nasce il 30 agosto 1958 a New York, figlia di diplomatici sovietici. Studia giornalismo all’università di Mosca e si laurea nel 1980. Comincia la sua carriera nel 1982, lavorando per il giornale moscovita Izvestija. Da quel momento in poi la sua parabola è in continua ascesa, inarrestabile. Il suo primo viaggio in Cecenia, durante il quale intervista Aslan Maskhadov, allora neoeletto presidente, risale al 1998. Questo Paese diventa il fulcro attorno al quale ruotano molte delle sue inchieste più interessanti, ma anche più dolorose. A partire dal 1999 fino alla fine della sua vita lavora per il giornale liberale russo Novaja Gazeta. Viene costantemente minacciata di morte, ma questo non la fa desistere dal suo impegno in favore dei diritti civili. Inizia a recarsi sempre più spesso in Cecenia, dove, senza risparmiarsi mai, intervista militari russi e ceceni, racconta le storie di morte e distruzione dei profughi e visita ospedali e famiglie di vittime civili.
Nei suoi scritti la denuncia contro la politica di Vladimir Putin e la conduzione della guerra in Cecenia, Inguscezia e Daghestan è molto forte, ma, nello stesso tempo, espressa con chiarezza e lucidità. Non ci sono cadute retoriche; la verità è presentata cosi com’è, in tutta la sua agghiacciante vividezza.
Di notevole violenza espressiva sono anche le critiche all’operato dei militari russi in Cecenia: gli abusi perpetrati ai danni della popolazione civile e la discutibilissima connivenza di eminenti personaggi politici come i Khadyrov appoggiati da Mosca, sono riportati in modo rigoroso, puntuale e perfettamente documentato.
Ma Anna non si ferma qui: il suo nome risulta tra quelli dei negoziatori richiesti dalla guerriglia in Cecenia e nel 1999 organizza l’evacuazione di un ospizio di Grozny, salvando la vita ad 89 anziani.
È sempre lei a tentare di instaurare le trattative durante la crisi del Teatro Dubrovka avvenuta nel 2002, quando un commando composto principalmente da donne, le famose “vedove nere” appartenenti al movimento separatista ceceno, prese in ostaggio circa 850 persone.
Nel 2004, mentre sta per recarsi a Beslan durante il tristemente noto assedio della scuola “Numero 1” da parte di fondamentalisti islamici e separatisti ceceni, ha un malore. Si pensa immediatamente ad un tentativo di avvelenamento, ma il fatto non verrà mai chiarito.

 

L’ASSASSINIO. Il 7 ottobre 2006 arriva, per la giornalista, la resa dei conti: viene barbaramente uccisa e accanto al cadavere vengono ritrovati una pistola e 4 bossoli. Uno dei proiettili ha colpito Anna alla testa. Tutto questo accade nello stesso giorno in cui Putin compie 54 anni. Negli anni voci sempre più insistenti hanno imputato proprio a quest’ultimo il crimine commesso, a causa delle feroci critiche di cui era oggetto negli articoli della Politkovskaja. Di fatto, però, il mandante dell’omicidio è ancora oggi sconosciuto.
Il giorno in cui è morta Anna avrebbe dovuto pubblicare un articolo sulle torture perpetrate dalle forze di sicurezza cecene guidate dal primo ministro Ramzan Khadyrov.
La tomba di Anna ha la forma di un giornale crivellato di colpi, a simboleggiare una voglia di verità e di libertà, anche a costo della vita, che in Russia rappresentano ancora un traguardo lontano. Dimitri Muratov, direttore della Novaja Gazeta, ha sostenuto che il delitto “sembra essere una punizione per i suoi articoli”. L’ex presidente dell’Urss Mikhail Gorbaciov l’ha definito “un crimine grave contro il Paese, un crimine contro tutti noi, è un colpo all’intera stampa democratica e indipendente”.

 

IL PROCESSO. Il processo che avrebbe dovuto chiarire le cause della morte di Anna Politkovskaja non ha portato ad una verità certa ed è stato definito da molti una farsa studiata per coprire personalità di alto livello.
Il 19 febbraio 2009 un tribunale moscovita assolve per insufficienza di prove gli imputati Sergei Khadzhikurbanov, ex dirigente di polizia, accusato di essere l’organizzatore del delitto, i fratelli Dzhabrail e Ibrahim Makhmudov, che avevano avuto il compito di pedinare la vittima e il tenente-colonnello Pavel Ryaguzov, appartenente ai servizi segreti russi ( ex KGB, ora FSB) come lo stesso Khadzhkurbanov, che aveva fatto avere al commando l’indirizzo di Anna. Pochi mesi dopo, però, la Corte Suprema annulla la sentenza, le indagini ripartono di nuovo e attualmente sono ancora in corso.

 

7 OTTOBRE 2011. Cosa è rimasto di Anna oggi in Russia? Di sicuro gran parte della popolazione la ricorda con affetto, ma non è facile sentire pronunciare il suo nome. La Politkovskaja è vittima di ostracismo, si sta tentando di gettare nell’oblio il suo ricordo. Fortunatamente ci sono la sua famiglia e le numerose iniziative a lei dedicate, come l’apertura, proprio oggi, di una nuova pagina Facebook che porta il suo nome, a rappresentare degli enormi fari che illuminano prepotentemente l’oscurità della dimenticanza.
Questo breve articolo vuole essere un piccolo omaggio ad una donna coraggiosa e indipendente come poche, una che aveva la forza di ammettere: ”Sono una reietta. È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all’estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me.
Eppure tutti i più alti funzionari accettano d’incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto conducendo un’indagine. Ma lo fanno di nascosto, in posti dove non possono essere visti, all’aria aperta, in piazza o in luoghi segreti che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie”.
Francesca Rossi

Video su Anna Politkovskaja

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Assoluzione degli imputati per l\’omicidio Politkovskaja

 

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