Attualità e Cronaca Rosa

“Donne giraffa”: dalla tradizione al fenomeno da baraccone

02-11-2011

“Donne giraffa”: dalla tradizione al fenomeno da baraccone

Le spirali d’ottone che girano intorno al loro collo, deformandone la fisionomia, sono famose in tutto il mondo. Probabilmente gran parte delle persone ignora le vite e le tradizioni di queste donne e del loro popolo, ma di sicuro ha bene in mente l’immagine dei molteplici anelli che si snodano fin sotto i loro piccoli menti, facendole svettare sempre più in alto, come delle vere e proprie giraffe. Molti le considerano un fenomeno da baraccone, altri le guardano tra il perplesso e il divertito, altri ancora scuotono la testa in segno di disapprovazione. Ma chi sono davvero le “donne giraffa” e da dove provengono le loro tradizioni?

LA STORIA. Le “donne giraffa” fanno parte dell’etnia Kayan o Padaung, uno dei gruppi che formano la popolazione Karenni. I Padaung sono originari della Birmania (oggi Myanmar), ma a causa del conflitto del 1990 con il regime birmano, sono stati costretti a rifugiarsi in Thailandia. Parlano una lingua di tipo tibeto-birmano e vivono grazie ai nutriti gruppi di turisti che ogni anno si muovono per vedere le celebri “donne giraffa”. I Padaung sono scappati da un regime militare che ne opprimeva violentemente le esistenze, ma non si può certo dire che in Thailandia abbiano trovato libertà. In special modo le donne, che hanno addirittura finito per perdere la dignità e diventare pittoreschi “oggetti” da esposizione.
Le leggende attorno all’usanza dei collari d’ottone sono molteplici; la più accreditata narra che i Nat, spiriti della tribù dei Karen (di cui i Karenni sono una sorta di sotto-etnia), sarebbero entrati in conflitto con i Padaung e per sopraffarli avrebbero aizzato le tigri contro le loro donne. Un anziano saggio consigliò agli uomini Padaung di forgiare dei grandi anelli d’oro da mettere al collo, ai polsi e alla caviglie delle loro donne, in modo da evitare loro una sicura e terribile morte. Cosi nasce la figura delle “donne giraffa”.
La leggenda, però, non narra le sofferenze e le imposizioni che queste donne sono costrette a subire fin da bambine.

 

CANONI DI BELLEZZA. Col passare del tempo questi anelli sono diventati un simbolo di bellezza e seduzione nella tribù Padaung. Nessuna donna che aspiri ad essere attraente e desiderata può rinunciarvi. Cosi, un po’ come accadeva in Cina con la fasciatura dei piedi, alle bambine viene imposto di iniziare ad indossare gli anelli già a 5 anni. Non tutti, però, sono d’accordo sul fatto che questa usanza sia un obbligo. Alcuni reportage hanno evidenziato che portare queste spirali è una scelta e che spesso sono le bambine a chiederlo alle loro madri. Su questo tema si può aprire un ampio dibattito, che dovrebbe tenere conto della giovanissima età delle bimbe che “richiederebbero” volontariamente l’applicazione degli anelli e del fatto che anche i canoni di bellezza sono un’imposizione, anche se più sottile ed in parte meno evidente.
Cosa accade effettivamente al corpo di queste donne quando le spirali si chiudono attorno alla loro pelle delicata? A quanto pare non è il collo ad allungarsi, ma la clavicola a deformarsi, creando cosi, un abbassamento delle spalle e l’effetto ottico del collo allungato. Alle bambine vengono applicati degli anelli di dimensioni via via maggiori; si potrebbe dire che gli anelli “crescano” in numero e grandezza con le bimbe che li indossano. Sembra che la punizione per le adultere sia proprio quella di dover togliere questi anelli, gesto che potrebbe compromettere per sempre la loro vita, visto l’irrimediabile schiacciamento che la gabbia toracica ha subito nel tempo.

 

LIBERTÀ NEGATA. Alcune donne Padaung si sono ribellate allo sfruttamento della loro immagine e delle loro vite da parte della Thailandia. Hanno tolto gli anelli e rinunciato, cosi, alla loro unica fonte di sostentamento. Una di loro, Mou Lon ha richiesto, invano, un visto per trasferirsi in Nuova Zelanda. È inutile negare che queste donne siano una fonte preziosa di guadagno anche per la Thailandia, che, quindi, non accetta facilmente di lasciarsele scappare. E cosi molte di loro, ogni giorno, sopportano pazientemente i flash dei turisti, i loro sguardi curiosi, le loro sopracciglia aggrottate in segno di grande attenzione, che sovrastano occhi fissi, puntati sui loro colli.

 

NON SOLO IN ASIA. L’abitudine di portare spirali al collo non è tipica solo delle “donne giraffa”. Nell’Africa meridionale esiste una popolazione, gli Ndebele, che appartiene al gruppo più famoso degli Ngoni, in cui le donne sposate indossano gli idzila, cerchi di bronzo o rame, al collo, ai polsi e alle caviglie. Gli idzila possono essere rimossi solo in caso di morte del coniuge. Le nuove generazioni, però, stanno inesorabilmente abbandonando questa tradizione.
Francesca Rossi

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